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giovedì 27 novembre 2008

La torta al cioccolato per antonomasia

Ognuno arriva ad un punto nella vita in cui vede chiaramente la propria missione: per il dottor Jones era il Graal, per Victor Frankenstein ( si dice ['frankensti:n]) era la Creatura, per Jack ed Elwood Blues era labbanda.
Senza scomodare altri capisaldi della cinematografia mondiale, ho deciso che la mia impresa [almeno per questa settimana] è inventare un dolce.
Possibilmente il dolce perfetto.

Dosi approssimative
180 gr di farina
150 gr di zucchero
200 gr di cioccolato fondente BUONO
180 gr di burro
250gr di marmellata di arance
100 gr di mandorle
5 uova
Ingrediente segreto I
Ingrediente segreto II
sale
ruhm
Scorze d'arancia candite

Procedimento
Fate sciogliere con estrema devozione a bagnomaria 150/160 grammi di cioccolato e lasciatelo raffreddare; bisogna aggiungere un cucchiaio di acqua calda per non farlo nuovamente rapprendere.
Frullate le mandorle fino a ridurle in polvere. Polvere, non granella: frullatele ancora. Setacciate il contenuto del frullatore, se occorre, e frullatele ancora. 80 grammi sono, in verità, più che sufficienti, si calcolano 20 grammi in più da sgranocchiare durante la preparazione.
Lavorate il burro a crema con lo zucchero e il sale. Potete farlo anche con lo sbattitore elettrico, purchè con le fruste da panna. Unite i tuorli, il cioccolato fuso, le mandorle polverizzate e l'ingrediente segreto II.
Unite gradatamente la farina setacciata e l'ingrediente segreto I.
Montate a neve straferma gli albumi.
Gli albumi si montano a mano, c'è la frusta apposita, costa 7 euro: fate l'investimento e non cadete in tentazione di usare lo sbattitore elettrico. Sicuramente, nella vostra vita, ci sono state volte in cui avete speso in maniera peggiore il vostro tempo e le vostre energie; ciotola nella sinistra, frusta nella destra e camminare! [nel senso che se non passeggiate un po' per casa, non vi passa più].
Unite le chiare al composto, con le massime delicatezza cura, come se steste maneggiando una mummia egizia.
Infornate in uno stampo a cerchio apribile opportunamente imburrato e infarinato [non che ci fosse bisogno di dire queste cose, vero?] ad un'altezza media ad una temperatura onesta.
Pregate che non si crepi la superficie.
Una volta sfornata e raffreddata la torta, tagliatela latitudinalmente [se si dice "longitudinalmente", si dirà anche "latitudinalmente"!] in tre dischi.
Scaldate a bagnomaria - no, va beh, dài, usate pure il microonde - la marmellata e miscelatela al rum. Io non uso il rum da dolci, quindi metto un po' di zucchero di canna nel Brugal [col cacchio che uso il Mathusalem per la torta].
Cospargete il primo strato con la Mistica Mistura, coprite con il primo disco, ripetete l'operazione e tappate la torta.
Siccome Dio aveva giustamente di meglio da fare che star dietro a una stupida torta, la superficie si sarà crepata; a meno che presenti la curvatura superficiale delle cupole di San Marco, cappottate la torta, in modo da avere la parte alta piatta.
Se avanza un po' di Mistica Mistura e non avete panini avanzati in giro per la cucina, potete anche spalmarla sulla superficie, pare che renda più semplice la glassatura (notare che, se avete cappottato la torta, adesso la superficie non è più liscia)
Glassate la superficie con il cioccolato rimasto, che avrete fatto fondere allungandolo lievemente con un po' d'acqua e, se occorre, poco zucchero a velo.
Guarnite rapidamente con le scorze d'arancia candite, finchè la glassa non è ancora rappresa, così si ancorano alla torta. Alla malparata, se avanza glassa, coprite parzialmente le scorze e spacciate il tutto per una decorazione ardita.
Ora potete osservare commossi la vetta più alta della pasticceria, la summa delle golosità, il punto più alto della Ricerca dolciaria:

LA TORTA AL CIOCCOLATO PER ANTONOMASIA

Naturalmente dovete tenere presente che:
- le dosi sono fasulle, non sballate, ma fasulle: sbattetevi un po' anche voi a trovarle, come ho fatto io.
- per sapere gli ingredienti segreti dovrete passare sul mio cadavere: se mi persuadete a rivelarveli, state pur certi che vi darò dati falsi, quindi non provateci
- temperatura e tempi di cottura dipendono sempre dal forno, ma - diamine - è una torta, non si possono allontanare troppo da 40' a 180°...e poi "quando è pronta si vede"
Se ci sono bambini, non dite che contiene rum: dite semplicemente che avete usato uno "sciroppo all'aroma di rum". Tanto poi le pesti si addormentano, con somma soddisfazione dei genitori stessi; male che vada resteranno bassi, ma a distanza di anni nessuno darà la colpa alla vostra torta.
E', in effetti, una torta un po' costosetta, rispetto a molte altre, data la quailtà e il numero di ingredienti necessari.
Del resto una grande impresa richiede un grande impegno.
Ecco spiegato cosa intendesse con la frase "Tutta quest'impresa, e poi il sabato all'iper a far la spesa"

lunedì 24 novembre 2008

Il [nuovo] naturale proseguimento del mio braccio


E' grande e massiccio, al primo sguardo evoca stabilità e fiducia.

Accarezzarlo è un piacere sensuale, sotto le dita è teso e liscio, giovane com'è; il suo profumo inebria, accostarsi a lui e respirarlo è insieme estasi e struggimento. Dolce è il suo peso fra le mie braccia.

Conosce tutte le parole e sa come usarle.


Grazie Zzi per avermi regalato l' Hazon Garzanti 2009!

domenica 23 novembre 2008

Il riso abbonda nella bocca degli stolti

Il risotto è una cosa seria, questo lo sanno tutti. Ciò nonostante, esso non è una scienza esatta, esistono infatti due scuole di pensiero diametralmente opposte:
1) Il risotto si fa da solo, bisogna dargli subito tutto il brodo di cui necessita e lasciare che si arrangi
2) Il risotto si fa con dedizione, abbeverandolo poco e sistematicamente, come un neonato.
A dispetto delle apparenze, è in realtà la prima corrente di pensiero a richiedere maggiore esperienza e competenza, poichè per ottenere un risotto decente sarà necessario conoscere e calcolare in anticipo:
- temperatura media della pentola
- potenza della fiamma
- grado di tostatura raggiunto dai chicchi
- coefficiente di permeabilità del brodo
- capacità osmotica del chicco
- fluidificazione standard della mantecatura [troppo complicato spiegare quali fattori occorre conoscere per determinarla]

Io, che non ho le capacità intellettive per ragionare sulla realtà che ha luogo oltre i prossimi 50 secondi [e non ricordo nulla di ciò che è accaduto prima dei 50 secondi precedenti, ma ce ne preoccuperemo in un altro momento], opto per la seconda modalità di preparazione, di cui fornirò un esempio di stagione.
Fra poco più di cinquanta secondi, trascorsi i quali, mi dimenticherò di avere un post da pubblicare, temo...

martedì 18 novembre 2008

[Agriturismo Punta, Umago Monti] Secondi Piatti

Il locale ci aveva attrato col miraggio della brace.
Non era brace, era griglia. E' buona lo stesso, ma non è la stessa cosa, nella brace i tempi di cottura sono più dilatati, è più difficile da eseguire, ma il risultato è migliore. La griglia è più adatta a un ristorante perchè permette di servire i piatti con tempi di attesa ragionevoli, un minor margine di errore, pur conservando l'atmosfera rustica della pietanza.
Però io avevo messo il cuore sulla brace, è che sono troppo sazia per farmi girare il belino.
Ordiniamo 2 luganeghe e mezza e una fiorentina.
Le luganeghe [luganighe per gli autoctoni, salsicce per gli Italiani, sebbene con la forma dialettale diffusa un po' in tutto il paese si indichi sovente il budello continuo e sottile, per differenziarlo dalla salsiccia propriamente detta, più larga e sottoforma di nastro con varie strozzature - n.d.t, nota della tachente] non possono essere criticate: sebbene di pasta grossa, ossia non troppo macinate, con la pelle piuttosto dura e decisamente troppo grasse, pur salsicce erano; se uno vuole mangiare una carne raffinata e magra, ordina un filetto di manzo. La salsiccia è dozzinale per definizione, tanto più che parliamo sempre di un prodotto fatto in casa, in cui la genuinità è inversamente proporzionale alla raffinatezza. 
Quanto alla fiorentina, lasciamo perdere.
Posto che sapevo che con il termine 'fiorentina' in questa parte del mondo si indica semplicemente la costata di manzo, mi sarei aspettata, almeno, una costata di manzo.
Non che la parte di animale che mi è stata servita nel piatto non fosse quella da cui si ricavano normalmente le costate, né che l'animale di cui mi apprestavo a divorare le carni non fosse stata una mucca; è che era sottile. La fetta che mi è stata servita sarà stata alta un dito/un dito e mezzo al massimo: praticamente una bistecca grassa con l'osso. Caratteristica precipua di questo taglio del manzo è di presentare uno spessore considerevole, affinchè in sezione presenti diversi gradi di cottura. Tagliare una costata deve rivelare sfumature che da un grigio appena rosato si sviluppano in una sorta di macabra alba, fino al centro della fetta, in cui la carne è praticamente viva. Ci vuole un animale barbaro e spietato come l'uomo per godere di un simile spettacolo, ne convengo; ma la carne "cotta" non è ugualmente buona, e tanto la mucca ormai è morta.
Invece la mia ingordigia è stata punita e mi arriva una fettina da fighetta, da cui ricavo e mangio solo la rosa [Zzi mette a tacere la mia coscienza e spolpa l'osso come un branco di piranha], peraltro troppo tenace. Bocciata, dunque, anche la cottura [se uno mette sulla griglia un'ostia, deve sapersi regolare].
In compenso, alla faccia della fame nel mondo, con i contorni si può pasteggiare: bietole al burro, patate al forno, crauti con pezzetti di pancetta oltre la volontà; francamente spero che riciclino gli avanzi.
Tutti buoni, sempre troppo conditi, ma buoni; in media, meglio i contorni dei secondi, peccato che arrivino quando lo stomaco ha già gettato la spugna.

lunedì 17 novembre 2008

[Agriturismo Punta, Umago monti] Primi piatti

Pansoti all'istriana.
Li chiamano ravioli e li condiscono con l'olio, ma sono pansoti con le erbette. Nel ripieno, infatti, oltre alle borragini, anche il tarassaco e altre cosette verdi che bisogna conoscere, altrimenti si rischia di raccogliere qualcosa che, nel migliore dei casi, ha un cattivo sapore, ma, più frequentemente, fa trascorrere svariate ore al bagno.
Oltre che con l'olio extravergine del contadino, sono serviti con una generosa spolverata di parmigiano. Pardon: grana. No mes-cemmo ae strasse co a  saea. Era grana. Era buono, era tanto, ma era grana, credo anch'esso di produzione casalinga, anche se non ho visto una mucca in giro.
Valutazione: gustosi, ottimo il rapporto pasta/ripieno: involucro non eccessivamente sottile, eppur mai tenace o troppo spesso, neanche sulle giunture. Distante dal mio gusto il condimento con l'olio [senza scomodare il sugo di noci, ci avrei visto bene anche un onestissmo burro&salvia], anche perché esso, di recentissima produzione autonoma, presentava un aroma molto intenso, squisito sul pane caldo, ma  un po' prepotente sulla pasta, del cui ripieno copre i profumi.

Tagliatelle con i funghi.
Caserecce, sostanziose e abbondanti, esattamente la tagliatella che ci si aspetta di vedersi arrivare nel piatto in una trattoria sui bricchi di Umago.
Validissima la pasta, di nuovo ineccepibile dal punto di vista di spessore, cottura e consistenza, il condimento è naturalmente unto e pensante, ma ricordiamoci che non siamo da Corelli. Nota di merito: generossima la quantità di funghi nel sugo, in pezzi grandi e carnosi. Crepi l'avarizia.

Gnocchi con sugo di gallina e manzo.
"Insieme" dice il ristoratore, e uno si immagina una specie di ragout bianco, o di sugo dell' arrosto, con pezzetti di carne di gallina e di carne di manzo.
Invece arriva una piattata di tocchetti di pasta da gnocchi con sopra resti di carcasse.
La gallina, infatti, non è stata ripulita e impiegata per preparare un sughetto, bensì è stata atrocemente smembrata e lo scempio delle sue membra gettato su un letto di turaccioli di patate.
Pecche del sugo: se volevo nutrirmi di cadaveri, nascevo avvoltoio. Se sono umana e non sono vegetariana è perchè ho bisogno di non capire che la cosa di cui mi sto nutrendo ha avuto un corpo vivo. Per giunta, la parte non solida del sugo era troppo lenta, praticamente brodo.
Pecche degli gnocchi: lo gnocco è sofficissimo, perché lavorato appena, e ha la forma di una conchiglia, perché i tocchetti ricavati dal rotolino di pasta vanno arricciati, con gesto fermo e delicato dell'indice, sulla madia o - affinché prendano meglio il sugo - sulla forchetta. 
Per la dimostrazione pratica si veda il Padrino parte III.
I pezzetti sodi, tagliati a forma di cubetti da un rotolo allungato, di pasta di patate non lavorati oltre sono sono gnocchi. Sono schicchere. Può essere che in altre parti d'Italia abbiano altri nomi, ma rimane il fatto che non siano gnocchi.
Se Andy Garcia avesse fatto gnocchi, il massimo che sarebbe potuto succedere sarebbe stata l'amputazione di una falange di Sofia Coppola. Invece, con gli gnocchi, che casino!


[Agriturismo Punta, Umago monti] Antipasto

Ci illudono con la promessa di porzioni mastodontiche e ci inducono ad ordinare due porzioni di antipasto in quattro, con la scusa che il pane caldo stagna.
Il pane caldo non stagna, il pane caldo induce a mangiare altro pane caldo. E' l'acqua che si beve stoltamente insieme ad esso che riempie lo stomaco.
Due porzioni finiscono subito e ci ritroviamo con gli sguardi tristi a fissare timorosi l'ultima fetta di crudo, l'ultimo dadino di pancetta e l'ultimo spicchio di formaggio.
Ordiniamo un altro giro e la spartizione si fa semplice.
Valutazione: porzioni non scarse, ma nemmeno abbondanti come ci si aspetterebbe da una trattoria istriana. Prodotti buoni, ma decisamente "ruspanti": eccellenti se gustati con lo spirito del 'genuino-agrituristico', un po' deludenti perchè tutto sommato ordinari al palato 'cittadino'

mercoledì 12 novembre 2008

Il pranzo della domenica

Da molto tempo volevamo portare i Giraffi Sposi a mangiare in un posto oltreconfine dove servono piatti alla brace, prevalentemente pescato del giorno, in un ambiente rustico, ma fine e raccolto, più adatto alle coppiette [meglio se clandestine] che alle famiglie, con prezzi più da Versilia che da Slovenia, ma con una qualità di materia prima e una competenza nella preparazione che Escoffier, nominandolo da vivo, gli fa una pippa.

Siccome era chiuso siamo andati in un ruspante agriturismo croato sui bricchi di Umago.

Sebbene provata dalla produzione della torta di pannolini, l'instancabile Giraffa è già nel rutilante mondo del Natale, immersa nella realizzazione di pupolotti per il mercatino di Barcola.
Conscia che neppure lei tutto puote, mi insignisce della più alta onorificenza tra cuochi e mi subappalta la produzione dei dolci.
E' la cosa di cui vado più orgogliosa nella vita, è come se Michelangelo mi avesse detto "Scusa, Larry, ho un po' di mal di collo, la finiresti tu la Cappella Sistina, per favore?", come se fosse venuto Paganini e mi avesse detto "Belin, oggi non c'ho proprio testa, ci vai te a suonare al mio posto?" [Paganini, è noto a tutti, parlava con il fatidioso "ci" pleonastico, intercalare tipico genovese]

Non mi riprenderò mai dalla sbornia di orgoglio e, se proprio volete saperlo, sì: il successo dà alla testa.

Il locale è meno rustico di come me lo aspettassi, anzi è curato, luminoso e sfoggia tovaglie rosa e arancioni, palesemente in onore di Francesca e mio.
Dopo una morra cinese all'ultimo sangue [con scorrettezze del tipo "ti taglio due dita così diventa sasso e la mia carta lo batte"], in maniera molto matura ci accomodiamo al tavolo arancione.

Una volta che abbiamo faticosamente ottenuto quei facoltativi recipienti che gli italiani chiamano "bicchieri" e che gli istriani sembrano non utilizzare, ecco cosa ci viene servito:

Coniglio alla ligure alla Larry

E' una preparazione facile - praticamente si fa da solo - e gustosa.
Ecco come si fa:

Ingredienti
Petto di pollo intero
Olive verdi
Olive nere
Pinoli
Olio
Aglio
Cipolla
Alloro
Dado da brodo / sale

Preparazione
Ridurre il petto di pollo a tocchi non troppo piccoli, al'incirca grandi come la scatola del filo interdentale.
Nella casseruola di terracotta riscaldare mezzo bicchiere abbondante di olio [Lo so, ma io lo ho detto subito che era "alla ligure"] e farvi appassire delicatamente la cipolla tagliata finemente e l'aglio sbucciato e schiacciato.
Quando l'olio è ben caldo, aggiungere il pollo e mescolare bene.
Si noterà che il pollo non cuoce.
Prendere immediatamente una padella antiaderente non troppo spessa, arroventarla sul fornello più potente che si ha a disposizione e versarvi il contenuto della casseruola di terracotta, badando a non far incendiare l'olio e a non ustionarsi.
Mentre si fa saltare il pollo, mettere un po' d'olio freddo nella terracotta, la quale - conservando il calore al di là di ogni logica prevedibilità - diversamente bruciacchiarebbe sul fondo.
Riportare il pollo nella terracotta, rimettere la casseruola su un fuoco moderato e aggiungere olive, pinoli e alloro. Mescolare e lasciar cuocere.
Dopo qualche tempo, constatare che non sta cuocendo mica tanto bene, prendere la casseruola antiaderente nuova, versarvi il contenuto di quella stupida pentola di terracotta e ultimare la cottura, aggiustando con il sale o il dado.
Nel frattempo, potete andare in giro per casa a cercare una pianta con il cui vaso sia del giusto diametro per essere inserito nella pentola di terracotta, alla quale avrete trovato, così, un nuovo utilizzo, che vi scampi dalla sciagurata tentazione di riutilizzarla, in futuro, per cucinare.

I più attenti avranno forse notato che nella mia ricetta del coniglio alla ligure non c'è il coniglio. E' perchè IO NON MANGIO LE CREATURE CON CUI PARLO.

domenica 9 novembre 2008

sabato 8 novembre 2008

Tosta non basta

Il toast è una cosa seria.
Prepararlo è facile, farlo mangiabile anche.
Un toast veramente buono è impresa rara.
 
Il toast è l'espressione suprema dell'inscindibile rapporto fra qualità della materia prima e perfezione di esecuzione.
 
Il toast perfetto è costituito, all'esterno, da due fette di pan carrè.
Il pan carrè è al latte, perciò soffice e poco salato, ma non è dolce come il pane da hamburger; evitate varianti americaneggianti, quindi, e non fate confusione con il pane da tramezzini, che non ha la crosta ed è più umido.
 
Il toast perfetto è farcito con prosciutto cotto tagliato sottile ed eventualmente ripiegato.
Le fette di spalla cotta alte un millimetro e mezzo potete pure darle al cane [a proposito:  mi dovete una spiegazione sulla presenza della spalla in frigo].
 
Il toast perfetto è arricchito di formaggio fondente.
Il formaggio è l'unica parte suscettibile di variabili, basta che non abbia un sapore troppo forte e non bagni il pane.
La miglior resa si ottiene con i formaggiazzi a lingotti da bar, tipo edamer, gouda e sottoprodotti del galbanino [a sua volta sottoprodotto della lavorazione degli pneumatici, credo]. 
Sono la cosa meno salutare che si possa mangiare, faccio fatica a chiamarli "formaggi", ma tengono proprio bene la cottura, senza allagare il tostapane e senza acquistare un gusto troppo forte.
La mia preferenza va al toast con la mozzarella, ma occorre usare la variante da pizza [più asciutta] e tamponare le fette con la carta assorbente.
 
Il toast perfetto si cuoce nel tostapane, o nella piastra elettrica.
Le resistenze devono essere già calde, ma non al massimo del calore, altrimenti brucia e non cuoce.
Il pane deve rimanere morbido, ma formare una sottile crosta croccante, ben tostata; non bruciata, se no è amaro.
Il toast perfetto presenta sfumature dal color cammello al castoro/lontra.
Il toast perfetto è come l'abbigliamento di una vera signora prima di mezzogiorno: mai nero.
 
La bevanda ideale, in abbinamento, è - a mio avviso - il negroni, ma ammetto che il toast si presta facilmente a diversi accompagnamenti.
A differenza della precedente, questa preparazione non è adatta ad essere somministrata né a vegetariani, né a celiaci.
A meno che non vi stiano sulle balle, chiaramente,

venerdì 7 novembre 2008

Melanzanata di Zzi

Oggi parmigiana di melanzane light. [io òdio la cucina light]
 
E' light perchè non è fritta.
Quindi la dedichiamo a Zzi, a cui non piace il fritto.
Lo so che è un po' come dire che a uno non ci piace la figa, è ai confini della realtà, ma capita!
 
Si prendono molte melanzane, le si fanno a fette di circa 3/4 millimetri e le si fanno grigliare per bene.
Non è una cosa lunga, ma se potete mettere sul fuoco più griglie è meglio.

Nel frattempo si prende la passata di pomodoro e la si fa andare un po' in un pentolino con l'olio e, a piacere, uno spicchietto d'aglio, salandola leggermente.

Ora si apre il frigo e si riesumano i cadaveri dei formaggi: 
- la crosta di parmigiano che l'ultima volta che avete provato a grattugiarla vi siete grattugiati le falangi;
- il pezzo di pecorino di fossa fossile
- la mozzarella scaduta da due settimane, che va bene lo stesso perchè "tanto è sigillata"
- le quattro sottilette morte di freddo che tenevate lì per quando vi foste ricordati di comprare il cotto e il pan carrè
- un culetto di brie che se aveste saputo che c'era avreste pranzato
- quella mezza manciata di parmigiano che inspiegabilmente conservate già grattugiato, pur non avendo l'abitudine di aggiungerlo ai cibi, e che ogni volta che aprite il frigo vi suscita il timore di stare ammuffendo

Parmigiano grattuggiato a parte, nello stesso recipiente riducete gli altri formaggi in pezzi e fette piccoli e mescolateli un minimo, in modo da averli distribuiti più o meno equamente.

Ungete una pirofila o una teglia e disponetevi le melanzane come se fossero lasagne, tappando bene i buchi.
Coprite con uno strato di salsa e uno di avanzi di formaggi, quindi disponete un altro strato di melanzane e proseguite fino alla fine degli ingredienti.
Spolverizzate l'ultimo strato con il parmigiano e infornate a una temperatura onesta per un lasso di tempo ragionevole.
Tipo: cent'ottanta/duecento gradi per venti minuti/mezz'ora.

Tanto non deve mica cuocere, basta che fondano i formaggi e che si compenetrino un po' gli ingredienti.
Oltretutto dipende dalla quantità e dalla consistenza della salsa di pomodoro impiegata, dal livello di cottura delle melanzane, dalla grassezza dei formaggi e dalla loro età [se la data di scadenza era scritta in caratteri cuneiformi, è meglio cuocerli un poco più a lungo].

Non è male.
E' ovvio che una versione light non può neanche mai sognarsi di competere con una tradizionale, ma se non si fanno paragoni si può anche rimanere soddisfatti.

Quanto all'apporto calorico, dipende - ovviamente - tutto da qualità e quantità dei formaggi impiegati.

Particolarità non trascurabile di questo paciugo [non ha un aspetto formidabile, quando lo porzionate, in effetti] è che può essere servito non solo ad ospiti vegetariani, ma anche a commensali celiaci, perché, non essendo impanate le melanzane, non contiene traccia di glutine.



Ruttare a tavola


Mentre tutta l'Italia meno Berlusconi si vergogna della boutade del premier sul neoeletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama accoglie le congratulazioni per la vittoria e ringrazia.

Risponde proprio a tutti, è subito attento e gentile, non dimentica nemmeno - per dire - la Corea.

All'Italia non ha [ancora?] risposto.
Ha optato per l'indifferenza totale, per il non ti curar di lor, ma guarda e passa.
Io vi vedo permalosità, anzi lo trovo un gesto signorile.

Come quando uno fa un rutto a tavola: non è che i commensali non se ne accorgano, ma sarebbe ancora più imbarazzante se dicessero: "Non preoccuparti se hai ruttato".
Le persone educate fanno finta di non essersene accorte  e proseguono la cena come se niente fosse.

Fino al prossimo rutto

giovedì 6 novembre 2008

Ciccolaeta ca'da [remexia ch'o s'attacca!]


La cioccolata calda è una cosa seria.

Uno pensa di mettere un po' di cacao in un pentolino con un poco di latte e riscaldare il tutto.
Bubbole!
La cioccolata calda come Dio comanda si fa così:

In una tazzina si scioglie un cucchiaino di amido di mais o di frumento (o di farina, in mancanza di altro) in poco latte FREDDO.
In un pentolino si scioglie il cacao amaro in polvere nel latte GRADATAMENTE, badando a non formare grumi. 
Quando tutto il latte sarà stato aggiunto al cacao, si versa nel pentolino anche il latte con l'amido disciolto e si mette sul fuoco.
Con pazienza, fuoco basso e un cucchiaio di LEGNO, si porta a bollore il contenuto del pentolino mescolando regolarmente.
Quando il composto è caldo, ma non ancora denso, va usato in piccola parte per diluire molto bene lo zucchero, deve essere stemperato A PARTE nella tazzina di prima.
Una volta che la cioccolata ha raggiunto la consistenza desiderata [in genere uno o due minuti dopo il primo bollore, dipende da quanto amido avete usato], si aggiunge lo zucchero ben sciolto e si mescola sul fuoco per pochi istanti.

Ci vuole tempo, ma facendo così:
- non fa grumi: gli amidi si stemperano nei liquidi freddi, altrimenti agglutinano: devono sciogliersi, non fondere!
- non sa di caramello: se si mette lo zucchero subito, lo zucchero cuoce con il composto; avendo tempi diversi, il più delle volte caramella.
- non vi rovina il pentolino: senza zucchero è meno facile che "si attacchi".

Ovviamente la parola d'ordine è sempre: REMEXIARE

Buon Compleanno a...

La mia organizzatrice di matrimoni preferita compie oggi una quantità a me sconosciuta di anni, a giudicare dall'aspetto e l'entusiasmo direi 23 o 24.
A tal proposito, dovrò ricordarmi di usare un certo tatto, se mi capiterà di entrare in argomento con la figlia ventinovenne...
Se divento grande [invecchiare mi riesce bene, è sul crescere che devo lavorare], voglio diventare come lei: positiva, brillante, energica e piena di stile.
Ma, soprattutto, lilla e con una figlia perfetta.

Auguri Gabriella!

Io l'ho sempre detto

Dal Corriere della Sera:

Anche il premier Silvio Berlusconi ha inviato un messaggio a Obama «per l'alto compito che lo attende»: «Sono assolutamente certo che l'amicizia e la collaborazione tra i nostri due Paesi continuerà a crescere e a rafforzarsi» scrive il premier. In visita alla fiera Eicma di Milano, Berlusconi ha aggiunto, in modo più informale: «Consigli gliene posso dare perché sono più anziano, lo farò quando lo abbraccerò di persona».

Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna.

Aspettative


Uno degli aspetti positivi di essere una persona che non conta nulla è potersi permettere di non essere obiettivi.
Per esempio, ci sono persone da parte delle quali sono capace di sopportare qualsiasi torto senza serbare rancore, perché, semplicemente, non riesco a provare altro che bene per queste persone, al di là di ogni considerazione raziocinata.
 
Ci sono, per contro, persone alle quali non perdono il minimo sgarro, o perchè mi stanno sulle balle, non importa quanto mi idolatrino, sempre mi staranno sulle balle, o perchè ne ho stima totale.
Più apprezzo una figura e più ho alte aspettative: non ho idoli, ho eroi, e dagli eroi ci si aspettano grandi imprese.
 
Tipo Jersey Devil.
 Jersey Devil è un'impresa degna.

Working on a dream è una fregnaccia.
Non ce n'era alcun bisogno, è una vaccata, pensavo che Magic fosse poco ispirato ma - madre de Diòs - questo brano è composto con i piedi.
Non glielo perdono, è il secondo sgarro che mi fa in pochi mesi [come dimenticare Livin' in the future?].
Non c'è creatività, nè di contenuti nè di forma: i versi sembrano slogan usciti dal diario di una quindicenne, a tratti si autocita e la musica - dannazione - suona banale perfino al mio orecchio analfabeta.
Che si compri da leggere se non sa cosa fare quando è sul cesso, piuttosto che scrivere queste canzoni.
So che può fare di meglio e pretendo di meglio.
A meno che...mi sorge un dubbio...
Se la sarà mica fatta scrivere dalla moglie?

mercoledì 5 novembre 2008

Mai più senza

Di ritorno da Genova non ho potuto esimermi dal visitare il nuovo Outlet di San Donà di Piave, donde le amare considerazioni sulla moda.
Frustrata dall'ennesima conferma dello squallore del mio aspetto e insoddisfatta della resa di ogni capo sul mio corpo, mi sono ripromessa di smettere di nutrirmi con cose che mi fanno male e ho dichiarato guerra a salumi, latticini particolarmente grassi o di bassa qualità e - soprattutto - ho detto addio al pane e agli impasti lievitati in generale che mi hanno regalato l'appellattivo Larry-mani-di-grattugia.
 
Di conseguenza, con la consolazione di avere risparmiato molto denaro, ho optato per fare utili spese per la casa.
Abbiamo acquistato un oggetto indispensabile, di primaria necessità, coerente con i miei nuovi propositi di alimentazione.
Uno strumento di cui non si può fare a meno, specie se si vuole condurre uno stile di vita sano ed equilibrato:
 
IL TOSTAPANE
 
 
 
Se tanto mi da tanto, se mai dovessi decidere di diventare vegetariana, dovrò ricordarmi che a Milano ho visto una graziosissima macchina per gli hot-dog

High hopes



Dal finale di "Robin Hood, Un uomo in calzamaglia":

- Uno sceriffo negro???
- E perché? In "Mezzogiorno e mezzo di fuoco" com'era?

Always bring a spare

Mercoledì i miei stivali da pioggia, comprati a Sirmione, portati a Genova e traslocati due volte a Trieste hanno ceduto.
 
Non è che si siano rotti, bucati o consumati notevolmente.
Semplicemente, si sono staccate le suole. Del tutto. Un passo la suola c'è, il passo dopo sono più bassa di due centimetri e la suola di gomma mi guarda, sfacciata e indolente, ottanta centimetri dietro di me [faccio passi lunghi].
 
E così ho raccattato i miei resti in mezzo a via Roma, studiandomi di buttarmi nel canale per la vergogna.
Bisognerebbe sempre girare con il cambio e dare retta a Bruce, lui lo aveva detto: always bring a spare.

A proposito: gran bootleg, è uscita da non molto la serata completa, date un'occhiata

martedì 4 novembre 2008

It's hard to be a fat in the city

Prendo spunto da un post sul sito del saggio Bonz per introdurre un tema molto profondo:
la moda.
 
Dubito che voi normopeso lo abbiate notato: ve lo dico io.
Da un po' di tempo, gli indumenti  per le persone sovrappeso disponibili sul mercato sono brutti.
L'affermazione sembrerà un po' vaga, ma non c'è altro aggettivo: sono brutti, punto e basta.
 
Una persona grassa non può indossare le stesse cose di una magra/normopeso.
La maggior parte degli indumenti sono prodotti solamente entro certe misure e molti capi non esistono disponibili in taglie semplicemente più grandi per vestire le persone abbondanti.
Non parlo di indumenti di chissà che foggia o chissà quanto audaci [posto che se voglio mettermi la minigonna inguinale anche se ho le cosce lardellose dovrei poterlo fare, rivendico il mio diritto di espormi al ridicolo!]: sfido a trovare un banale paio di jeans che vesta una taglia 48.
 
Per fortuna, esistono negozi dedicati alle persone grasse.
Creati per scongiurare il rischio che un grasso rinunci a fare acquisti, scoraggiato dal proprio modo di indossare rispetto ad un altro potenziale cliente magro, questi negozi offrono capi dalle forme mortificanti, dai colori e fantasie umilianti e dai materiali sintetici scadenti.
 
Si riversa così, nelle strade, un plotone di grassi, puzzolenti e malvestiti.
 
Per forza che poi, nell'immaginario collettivo, le forme asciutte evocano eleganza, se questo è il paragone che possiamo offrire.
 
Ora: non è importante vestirsi come gli altri, anzi, è mio desiderio e mia tendenza distinguermi; è che vorrei poterlo fare nei limiti del buon gusto, non come sosia di Platinette.
 
 

domenica 2 novembre 2008

Buon compleanno a...

Compie 31 anni il mio attore preferito.


No, non Cary Grant, mi riferisco al mio attore-preferito-vivente.
No, non Al Pacino, quell'altro, quello un-po'-meno-preferito.
No, neanche De Niro, dài, lasciamo perdere i Mostri Sacri...un pochino meno.
No, non Andy Garcia, un po' meno.
No, non Tom Hanks, un po' meno.
No, non Bruce Willis, un po' meno.
No, Sean Connery lo avevamo scartato coi Mostri Sacri, insieme a Anthony Hopkins e Alan Rickman.
No, contano solo i bianchi, via anche Denzel Washington e Morgan Freeman.
No, non facciamo casino: Mel Brooks, Kenneth Branagh e Clint Eastwood non contano perchè li considero registi.
No, non Alessandro Gassman, un po' meno.
No, non Luca Zingaretti, un po' meno.
No, non Diego Abatantuono, un po' meno.
No, non Ale e Franz, un po' meno.
No, non quello della pubblicità del Calfort, appena un pochino meno...

Ecco, proprio lui:
il peggior giocatore di cirulla del mondo, l'uomo al quale donerei un rene [se ne avessi tre], il miglior amico che un ardu possa avere.

sabato 1 novembre 2008

Buon compleanno a...

Compie 21 anni il mio critico gastronomico preferito, colui al quale si può servire nel piatto qualsiasi cosa [non necessariamente una pietanza] con la certezza che la gradirà.
Egli è un uomo di grande cultura, un pensatore, un musicista, un compositore, un letterato, un poeta, un artista ed è esperto di molte affascinanti discipline.
Molte altre sono le sue doti, e molte quelle che non ho la presunzione di avere compreso.
Più di tutto, però, egli è un grande illustratore: